PFAS e salute: perché è fondamentale conoscere cosa arriva nel piatto

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Inquinamento ambientale e nutrizione: il caso PFAS in Veneto

La recente assoluzione di alcuni dirigenti coinvolti nel processo PFAS (fonte: Il Giornale di Vicenza, 28 maggio 2025) non cancella una realtà ambientale e sanitaria con cui il territorio veneto convive ormai da anni. Il problema dell’inquinamento da PFAS (Sostanze PerfluoroAlchiliche) rimane una delle emergenze sanitarie e ambientali più gravi in Europa. Secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, oltre 350.000 persone in Veneto sono state esposte per anni a concentrazioni elevate di queste sostanze attraverso l’acqua potabile, con possibili effetti sulla salute a lungo termine.

I PFAS sono composti chimici persistenti che non si degradano facilmente né nell’ambiente né nel corpo umano. Sono stati ampiamente utilizzati in processi industriali e prodotti di consumo, come rivestimenti antiaderenti, tessuti impermeabili e schiume antincendio. Il problema? Entrano nella catena alimentare e si accumulano nell’organismo, con potenziali effetti tossici documentati dalla comunità scientifica internazionale.

Secondo l’EFSA (European Food Safety Authority), l’esposizione cronica ai PFAS è associata a:

  • Aumento dei livelli di colesterolo
  • Alterazioni nella funzionalità epatica
  • Compromissione del sistema immunitario
  • Riduzione della risposta agli antigeni nei bambini vaccinati
  • Alterazioni ormonali e possibili effetti sulla fertilità

Sebbene l’impatto dell’inquinamento ambientale non possa essere controllato direttamente dal singolo cittadino, le scelte alimentari consapevoli possono svolgere un ruolo importante nel sostenere l’organismo nel suo lavoro quotidiano di adattamento e riequilibrio metabolico.

PFAS e alimentazione: come entrano nel corpo e come possiamo limitarli

I PFAS si trovano comunemente nell’acqua potabile contaminata e nei cibi coltivati o allevati in zone interessate dall’inquinamento. Un’indagine condotta dall’ARPAV (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Veneto) ha evidenziato la presenza di PFAS in prodotti agricoli locali come ortaggi, carne, latte e uova provenienti da aree prossime ai siti industriali coinvolti nel caso Miteni. Questo porta a un’assunzione alimentare indiretta ma continua, difficile da evitare se non attraverso scelte consapevoli.

Inoltre, un report dell’ECHA (European Chemicals Agency) conferma che l’esposizione alimentare rappresenta la via primaria di assorbimento dei PFAS in popolazioni non direttamente esposte professionalmente. Si tratta quindi di una problematica legata alla qualità e alla provenienza delle materie prime alimentari, non tanto alla loro tipologia.

Cosa significa questo dal punto di vista nutrizionale?

  • Scegliere alimenti provenienti da filiera tracciabile, possibilmente biologici o da agricoltura rigenerativa in territori non contaminati.
  • Evitare l’utilizzo di contenitori antiaderenti danneggiati, spesso trattati con rivestimenti contenenti PFAS, che possono migrare nel cibo.
  • Limitare l’acquisto di prodotti trasformati, confezionati o conservati in materiali plastici non certificati per uso alimentare.

Va inoltre considerato che i PFAS, una volta nell’organismo, non si metabolizzano facilmente e hanno una vita media molto lunga, che può variare da 2 a oltre 7 anni a seconda del composto e del tessuto in cui si accumula (fonte: ATSDR, USA).

La nutrizione può giocare un ruolo fondamentale nel non aggravare la situazione, mantenendo l’organismo in condizioni favorevoli per svolgere al meglio le sue funzioni naturali di regolazione, difesa ed eliminazione.

Per orientarti tra le scelte alimentari più adatte alla tua situazione, il supporto del Biologo Nutrizionista può fare la differenza. Su www.nutrizionista.bio puoi richiedere una consulenza personalizzata per comprendere come ridurre l’impatto dell’ambiente attraverso l’alimentazione.

Strategie nutrizionali per supportare l’organismo esposto a inquinanti

L’obiettivo non è solo “disintossicare” – concetto spesso abusato nel linguaggio commerciale – ma soprattutto supportare in modo scientifico i processi metabolici dell’organismo, che ogni giorno lavorano per mantenere l’omeostasi interna nonostante le continue sollecitazioni ambientali.

Un piano nutrizionale costruito da un Biologo Nutrizionista può essere cucito su misura per:

  • Favorire la regolarità intestinale e il corretto funzionamento del microbiota, importante anche nella modulazione della risposta immunitaria.
  • Mantenere stabili i livelli glicemici e insulinemici, condizione chiave per ridurre l’infiammazione di basso grado.
  • Scegliere alimenti di qualità, non processati, da fonti attendibili, con l’obiettivo di ridurre l’introduzione di contaminanti esterni.
  • Favorire un apporto corretto di grassi di qualità, essenziali per la struttura delle membrane cellulari e la funzionalità epatica.

Importante sottolineare che non si tratta di eliminare categorie di alimenti, ma di costruire una composizione del piatto coerente con l’obiettivo metabolico della persona, in base al suo stato di salute, storia clinica e caratteristiche personali.

Anche senza parlare di supercibi o diete “miracolose”, esistono strategie efficaci e realistiche, basate sulla biochimica. Tutto questo può aiutare sia a ridurre l’esposizione ad inquinanti ambientali attraverso scelte consapevoli, che aiutare a ridurre l’impatto degli inquinanti stessi  a livello sistemico. Ogni scelta alimentare è, in fondo, un’informazione che il corpo interpreta.

Il ruolo del Biologo Nutrizionista: guida consapevole tra ambiente e alimentazione

In un contesto sempre più complesso, dove le condizioni ambientali possono interferire con il benessere della persona, il Biologo Nutrizionista rappresenta una figura chiave per accompagnare il singolo verso scelte alimentari più consapevoli e funzionali.

Non si tratta di seguire mode alimentari o di adottare protocolli generalizzati, ma di costruire un piano nutrizionale personalizzato che tenga conto di:

  • storia clinica e metabolica individuale
  • area geografica e potenziali esposizioni ambientali
  • segnali che il corpo manifesta (infiammazioni, ritenzione, alterazioni della glicemia, ecc.)
  • obiettivi specifici (prevenzione, composizione corporea, energia mentale e fisica, ecc.)

Il Biologo Nutrizionista non si occupa solo di “cosa mangiare”, ma lavora sulla composizione del pasto e sulla distribuzione dei nutrienti in funzione del contesto metabolico, costruendo percorsi che evitano carenze, eccessi o stimoli ripetitivi che possono generare risposte disfunzionali.

Nel caso dell’esposizione a inquinanti ambientali come i PFAS, l’approccio nutrizionale non è mai drastico, ma calibrato: mira a sostenere gli organi emuntori (fegato, intestino, reni), senza sovraccaricarli, modulando scelte e frequenze in base alla risposta della persona.

Un percorso con il Biologo Nutrizionista non è solo nutrizione: è formazione consapevole, accompagnamento continuo e adattamento progressivo in base a come il corpo risponde. Perché ogni strategia funziona solo se viene cucita su misura.

Vuoi capire se il tuo stile alimentare può essere migliorato in base al territorio in cui vivi o al tuo stato di salute? Affidati a un professionista che lavora con strumenti basati sulla biochimica e sulla fisiologia. Scopri di più su www.nutrizionista.bio e inizia il tuo percorso personalizzato.

Fonti 

  • European Food Safety Authority (EFSA). “Risk to human health related to the presence of perfluoroalkyl substances in food.” EFSA Journal 2020.
  • Istituto Superiore di Sanità. Esposizione della popolazione veneta alle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS). Report tecnico ISS 2019.
  • ATSDR (Agency for Toxic Substances and Disease Registry). Toxicological Profile for Perfluoroalkyls. U.S. Department of Health and Human Services, 2021.
  • Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV). Monitoraggio dei PFAS nel territorio Veneto. Dossier aggiornato 2024.
  • European Chemicals Agency (ECHA). PFAS restriction roadmap. Helsinki, 2022.

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