Proteine: cosa sono, quante assumerne e perché sono fondamentali per il nostro organismo

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Le proteine non sono una moda. Serve chiarezza

Negli ultimi anni, si è parlato molto di proteine. Video, consigli, app che calcolano i “macros” e contenuti scaricabili ovunque hanno generato una grande attenzione, ma anche parecchia confusione.
Da un lato chi le considera fondamentali a ogni pasto, dall’altro chi le trascura del tutto. In mezzo, tanti piani alimentari “preconfezionati” che promettono risultati, ma non tengono conto di chi sei davvero, di come vivi, o di cosa ti serve realmente.

È importante chiarirlo subito: le proteine non sono un ingrediente “magico”, ma neanche un nutriente da sottovalutare. Il nostro corpo ne ha bisogno ogni giorno, in quantità e qualità adeguate, per funzionare al meglio.

E proprio perché non esiste una formula valida per tutti, è fondamentale uscire dai luoghi comuni e capire il vero ruolo delle proteine nel contesto di un piano nutrizionale costruito su misura, cucito sulle esigenze reali della persona, non copiato da un’app.

In questo articolo vedremo insieme:

  • Cosa sono le proteine e perché sono così importanti
  • Qual è il fabbisogno proteico reale secondo la scienza più aggiornata
  • Come capire quante proteine assumere ogni giorno, evitando semplificazioni fuorvianti

Obiettivo: offrire una guida semplice ma scientificamente solida, utile a chi vuole davvero capire come usare le proteine in modo efficace nella propria alimentazione quotidiana.

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Cosa sono davvero le proteine (e perché ci servono)

Le proteine sono molecole fondamentali per il nostro organismo. Sono formate da catene di amminoacidi, che possono combinarsi in tantissimi modi per dar vita a funzioni diverse. Il nostro corpo utilizza circa 20 amminoacidi principali, ma otto di questi sono definiti “essenziali”: non possiamo produrli da soli e dobbiamo quindi assumerli con l’alimentazione.

Ma attenzione: le proteine non servono solo ai muscoli. È un errore molto comune ridurle a “mattoni” per chi fa attività fisica. In realtà, le proteine:

  • partecipano alla riparazione e costruzione di tutti i tessuti, non solo muscolari (pelle, organi, capelli, unghie…)
  • sono alla base della produzione di enzimi e ormoni
  • supportano il sistema immunitario attraverso la sintesi di anticorpi
  • contribuiscono al bilanciamento dei liquidi e alla regolazione del pH
  • trasportano sostanze vitali nel sangue, come l’ossigeno grazie all’emoglobina

Ogni proteina ha una forma specifica, determinata dalla sua sequenza di amminoacidi: è questa forma a definire la sua funzione. Ecco perché non conta solo la quantità, ma soprattutto la qualità delle proteine che introduciamo.

Perché la qualità fa la differenza

Non tutte le proteine sono uguali. Per comprenderne il reale impatto sull’organismo, è necessario andare oltre la semplice quantità. Un piano nutrizionale non può basarsi solo su un numero di grammi da raggiungere: deve considerare il tipo di proteine, come vengono assimilate e in che modo il corpo risponde nel tempo.

A influenzare l’efficacia proteica contribuiscono vari aspetti, tra cui lo stato fisiologico della persona, gli obiettivi nutrizionali, la compatibilità delle fonti alimentari e la loro qualità complessiva.

Non esiste un alimento proteico valido per tutti. Il compito del Biologo Nutrizionista è proprio quello di costruire un percorso su misura, dinamico e adattabile, che tenga conto delle esigenze specifiche di ogni individuo.

Le proteine e l’equilibrio glicemico: un legame poco noto

Un altro aspetto fondamentale, spesso trascurato, è che le proteine aiutano a regolare la glicemia. Quando vengono distribuite in modo adeguato all’interno dei pasti, permettono di:

  • evitare picchi glicemici
  • ridurre il rischio di ipoglicemie reattive (quelli che spesso si avvertono come “crolli” di energia)
  • stabilizzare l’energia durante la giornata
  • favorire un controllo del peso più efficace

In altre parole, le proteine inserite con logica in un pasto contribuiscono a rendere più stabile il metabolismo, evitando sbalzi che nel tempo possono compromettere la salute metabolica e la gestione del peso corporeo.

Quanto servono davvero? Spoiler: spesso più di quanto si pensa

Uno degli errori più comuni è prendere per buoni dei numeri generici letti online o copiati da tabelle, senza capire cosa rappresentano davvero.

Un riferimento spesso citato è quello delle tabelle LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti), fornite dalla SINU (Società Italiana di Nutrizione Umana). Ma anche questi dati vanno letti con attenzione.

Eppure, ancora oggi, molti piani nutrizionali si basano solo su questi numeri, senza valutare le esigenze reali della persona.

Proteine: cosa sono, quante assumerne e perché sono fondamentali per il nostro organismo

Il fabbisogno proteico giornaliero non è un valore fisso

Parlare di proteine in termini generici può essere fuorviante. Il fabbisogno quotidiano, infatti, non è lo stesso per tutti e non può essere calcolato con una formula valida universalmente.
Vanno considerati diversi fattori:

  • lo stato di salute della persona
  • il tipo di attività che svolge
  • l’età
  • il momento fisiologico (ad esempio gravidanza, allattamento o invecchiamento)
  • e, soprattutto, la risposta dell’organismo nel tempo

La letteratura scientifica più aggiornata evidenzia come in molte situazioni il fabbisogno proteico sia più elevato di quanto comunemente si pensi.

Alcuni esempi concreti

🔹 A partire dai 60 anni: si raccomanda un apporto proteico di almeno 1,1 g/kg di peso corporeo al giorno, anzi diventa proprio un obiettivo nutrizionale come misura preventiva per sostenere la massa muscolare e contrastare l’insorgenza di sarcopenia (la progressiva perdita di massa e forza muscolare legata all’età).

🔹 Chi pratica attività fisica regolare o segue protocolli nutrizionali mirati: può avere un fabbisogno proteico che si aggira intorno a 1,6 g/kg al giorno.

🔹 Nei contesti come il body building o percorsi avanzati di ricomposizione corporea, si può arrivare fino a 2,2 g/kg, sempre valutando questi numeri all’interno di un percorso personalizzato.

Questi valori non vanno presi come “obiettivi universali”, ma come riferimenti da interpretare e adattare al contesto specifico, con l’aiuto di un Biologo Nutrizionista. L’errore più comune, infatti, è sottostimare il reale fabbisogno proteico, affidandosi a formule generiche o a tabelle standard pensate per soggetti medi, non reali.

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Cosa ci dicono i valori ufficiali?

Come accennato, le tabelle LARN distinguono tra due livelli principali:

  • AR (Average Requirement): indica un fabbisogno medio (0,71 g/kg/die), sufficiente solo per circa il 50% della popolazione. È un valore utile per studi e stime, ma non è un obiettivo da applicare alla persona.
  • PRI (Population Reference Intake): è il valore che indica il riferimento di assunzione raccomandata per quasi tutta la popolazione (97,5%) e corrisponde a 0,9 g/kg/die per l’adulto sano.

Si sta parlando di popolazione in generale senza particolari necessità, in cui non è contemplata attività fisica di alcun tipo. Questi valori vanno quindi indubbiamente adattati  ad ogni condizione personale.  Per fare un esempio,  l’apporto proteico di 0,6–0,7 g/kg/die viene raccomandato in ambito nefrologico a soggetti con malattia renale cronica, in cui è necessario limitare l’introduzione di proteine. È evidente quindi che non si possa usare questo parametro per un soggetto sano con esigenze metaboliche completamente diverse (vedi AR).

Il calcolo corretto parte sempre dalla persona

Stabilire il fabbisogno proteico richiede un’analisi approfondita che consideri:

  • il peso corporeo attuale (non quello “ideale”)
  • la composizione corporea (quanta massa magra c’è effettivamente)
  • il tipo di attività fisica svolta
  • l’obiettivo nutrizionale, che sia prevenzione, ricomposizione corporea, supporto clinico o altro

Solo da questa valutazione si può capire quante proteine assumere al giorno in modo realmente utile ed efficace, evitando carenze o eccessi non funzionali.

Carenza proteica: un problema più diffuso di quanto si creda

Nel dibattito moderno si tende spesso a temere un “eccesso” di proteine. Ma nella pratica quotidiana, osserviamo che molte persone non raggiungono nemmeno i livelli minimi ottimali.
Una carenza proteica, anche lieve e costante nel tempo, può avere conseguenze importanti sulla salute e sulla qualità della vita molto più di un eccesso, per un soggetto senza patologie per le quali è raccomandata una riduzione di apporto.

Le categorie più a rischio sono:

  • Anziani: con l’avanzare dell’età il corpo perde massa muscolare in modo naturale. Senza un adeguato apporto proteico e stimoli adeguati, si può andare incontro a sarcopenia, con perdita di forza, autonomia e funzionalità.
  • Persone sedentarie: chi si muove poco tende a mangiare meno e spesso a sottovalutare l’importanza delle proteine, con conseguenze sulla composizione corporea e sulla capacità di recupero.
  • Chi è sottopeso o ha un’alimentazione disordinata: anche se si mangia “abbastanza”, la qualità degli alimenti può non essere sufficiente a garantire un apporto proteico adeguato.

Chi vive periodi prolungati di stress, infiammazioni o malattie croniche: spesso aumenta il fabbisogno proteico, ma l’assunzione rimane invariata o addirittura si riduce.

Cosa può causare una carenza di proteine

Una carenza proteica prolungata può causare:

  • perdita di massa muscolare e forza (sarcopenia)
  • indebolimento del sistema immunitario
  • rallentamento nei processi di riparazione dei tessuti
  • peggioramento del controllo glicemico
  • edemi e ritenzione di liquidi (in condizioni avanzate)

In soggetti con malattia renale cronica, la Società Italiana di Nefrologia segnala che un’insufficienza proteica può peggiorare ulteriormente lo stato nutrizionale, influenzando la prognosi.

Assumere la giusta quantità di proteine ogni giorno è fondamentale per mantenere la funzionalità del corpo, sostenere il metabolismo, e prevenire una serie di problematiche, soprattutto nelle fasi delicate della vita.

Il problema non è mangiarne “troppe”, ma non assumerne abbastanza rispetto al proprio fabbisogno reale.
Questo fabbisogno non si calcola con tabelle fisse, ma si valuta con un approccio personalizzato, che tenga conto dell’organismo nella sua interezza.

Fonti proteiche: quantità e qualità devono andare a braccetto

Quando si parla di proteine, la domanda più comune è: “Quante ne sto assumendo?”. Ma c’è una questione ancora più importante: da dove provengono quelle proteine?

Due alimenti possono contenere lo stesso numero di grammi, ma avere effetti molto diversi sull’organismo. Perché? Le differenze dipendono da almeno tre fattori:

  • Profilo aminoacidico e valore biologico: alcuni alimenti contengono tutti gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni, altri no.
  • Biodisponibilità: cioè quanto il nostro corpo riesce ad assorbire e utilizzare effettivamente le proteine.
  • Qualità della materia prima: un alimento di scarsa qualità può essere ricco di proteine, ma povero dal punto di vista nutrizionale, soprattutto se ha subito lavorazioni che ne alterano le caratteristiche originarie.


In altre parole, non basta raggiungere una certa quantità: conta la natura delle proteine che introduciamo e la loro capacità di interagire positivamente con il nostro metabolismo.

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Colesterolo alto: occhio a non ridurre troppo le proteine

Quando i valori di colesterolo sono elevati, spesso si tende a ridurre (anche drasticamente) alimenti che lo contengono, come uova, carne, pesce o latticini. Ma attenzione: questi sono anche tra le principali fonti proteiche.

Ridurre questi alimenti senza un piano ben costruito, può portare a uno squilibrio: spesso si finisce per aumentare i carboidrati, con l’idea di “compensare”. Ma così si può favorire un’eccessiva produzione di insulina, e quindi anche una maggiore produzione endogena di colesterolo da parte dell’organismo.

Il nostro corpo, infatti, produce autonomamente circa l’80% del colesterolo circolante. Solo una piccola parte deriva dalla dieta. Il meccanismo è regolato da vari ormoni e in particolare dall’insulina, che stimola l’enzima HMG-CoA reduttasi, responsabile della sintesi del colesterolo. Questo processo è sensibile anche allo stato infiammatorio e alla qualità generale della dieta.

In sintesi: non si tratta solo di eliminare alcuni alimenti, ma di costruire un piano che permetta al corpo di autogestire la produzione di colesterolo in modo fisiologico.
Il ruolo del Biologo Nutrizionista è proprio questo: guidare scelte alimentari consapevoli, valutando le fonti, le combinazioni, i tempi di assunzione e il contesto metabolico individuale.

Proteine animali e vegetali: una distinzione che non basta

Le proteine animali, come carne, pesce e uova, hanno un profilo amminoacidico completo e sono considerate a valore biologico elevato. Ma la loro qualità cambia in base alla provenienza e ai metodi di allevamento o trasformazione.
Non basta sapere da dove provengono, bisogna capire come sono state prodotte.

Le cosiddette proteine vegetali, come quelle dei legumi, sono spesso presentate come equivalenti. Ma è una semplificazione.
I legumi, pur apportando proteine, sono principalmente fonti di carboidrati, e la loro capacità di soddisfare il fabbisogno proteico dipende da tanti fattori: tipo di legume, coltivazione, cottura, combinazioni alimentari.

Spesso si propone di abbinare cereali e legumi per “completare” lo spettro amminoacidico. Tuttavia, questa combinazione aumenta la quota di carboidrati nel pasto, e in chi deve gestire la glicemia o l’insulina, può risultare poco funzionale. Va fatto con una guida chiara, senza approssimazione.

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Acido urico e proteine: attenzione alle semplificazioni

In caso di valori elevati di acido urico, si tende a eliminare alcune fonti proteiche, in particolare carni e pesce. Questo perché l’acido urico è il prodotto finale della degradazione delle purine, molecole presenti negli acidi nucleici. Ma non tutte le purine sono uguali: la loro distribuzione varia, e non si trovano solo negli alimenti di origine animale.

È importante sapere che solo il 15% circa dell’acido urico deriva dall’alimentazione. Il resto viene prodotto dal corpo stesso.
Inoltre, un acido urico alto può dipendere da molte cause: produzione aumentata, ridotta eliminazione (reni), disidratazione, infiammazione cronica.

Escludere alla cieca le proteine può portare a carenze evitabili. Anche in questi casi, il Biologo Nutrizionista può intervenire in sinergia con il medico, per modulare l’apporto proteico, scegliendo fonti di qualità e limitando per esempio  quelle ricche in purine specifiche, come le ipoxantine.
La valutazione include anche idratazione, cottura, associazioni alimentari e presenza di nutrienti regolatori, come la vitamina C.

Non basta la categoria: serve attenzione alla fonte

Non è sufficiente dire “uso proteine animali” o “vegetali”. Serve andare oltre la categoria e guardare la qualità reale dell’alimento.
Una carne di allevamento intensivo non ha lo stesso valore nutrizionale (né biologico né etico) di una proveniente da un allevamento estensivo o da piccoli produttori.

Le vere domande sono:

  • Come è stato prodotto questo alimento?
  • Con quali metodi è stato lavorato?
  • Quali nutrienti porta con sé, oltre alle proteine?

Un buon piano nutrizionale non si limita a “contare grammi”, ma punta a offrire al corpo i nutrienti più funzionali, nel modo più efficace possibile.

I falsi miti sulle proteine: facciamo chiarezza

❌ Le proteine affaticano i reni

Non è vero, nei soggetti sani. I dati scientifici mostrano che un apporto proteico adeguato, anche più alto del minimo, non danneggia i reni. Solo chi ha patologie renali già diagnosticate deve seguire indicazioni specifiche (e in quel caso, è il medico a stabilirle).

❌ Oggi mangiamo troppe proteine

Anche questo è falso. Per una buona parte della popolazione, l’apporto proteico reale è inferiore a quello ottimale. Si mangia magari tanto, ma male, con cibi poveri di proteine di qualità.

❌ Le proteine servono solo a chi fa palestra

Le proteine servono a tutti: bambini, adulti, anziani, persone in fase di recupero o convalescenza. Sono coinvolte in tantissimi processi:

  • sintesi enzimatica
  • regolazione ormonale
  • supporto immunitario
  • gestione della glicemia

Calcolare quante proteine servono davvero: non basta una formula

“Quante proteine devo assumere ogni giorno?” È una domanda giusta, ma non può avere una risposta standard.
Molte formule si basano su numeri generici, come 0,8-0,9 g/kg di peso corporeo: è un minimo per la sopravvivenza, non per la funzionalità ottimale.

Il fabbisogno dipende da:

  • peso corporeo 
  • massa magra vs massa grassa
  • livello di attività fisica
  • fase della vita o stato fisiologico
  • obiettivi individuali

Perché serve un Biologo Nutrizionista

Un calcolatore automatico non può sapere chi sei, come risponde il tuo corpo, né come sta cambiando nel tempo.
Il Biologo Nutrizionista valuta il contesto completo: storia personale, corpo, attività, eventuali patologie, obiettivi e risposta nel tempo al piano nutrizionale.
Inoltre, non si limita a “quanti grammi al giorno”, ma considera:

  • qualità delle fonti proteiche
  • biodisponibilità
  • distribuzione durante la giornata
  • associazioni alimentari

Ogni dettaglio ha un impatto sulla sintesi proteica, sul metabolismo e sull’efficienza generale dell’organismo.

Conclusione – Le proteine non sono un trend, ma una necessità concreta

In un mondo dove le informazioni sul cibo sono ovunque, ma spesso confuse, parlare di proteine con chiarezza diventa fondamentale.
Non si tratta di seguire una moda o di contare i grammi a ogni pasto: le proteine sono componenti essenziali per la salute del nostro organismo, dalla struttura cellulare alla regolazione metabolica.

La domanda giusta non è solo “quante proteine sto mangiando?”, ma “sto dando al mio corpo le proteine giuste, nel modo giusto, per ciò di cui ha bisogno oggi?”

Non basta affidarsi a numeri generici, a formule precompilate o a consigli standard.
Serve un approccio su misura, che tenga conto della tua storia, del tuo corpo, dei tuoi obiettivi e della tua risposta nel tempo.
È qui che entra in gioco il Biologo Nutrizionista: non per imporre limiti, ma per costruire una strategia nutrizionale efficace, sostenibile e adatta solo a te.

Investire nella qualità dell’alimentazione significa dare al corpo ciò che serve davvero per funzionare meglio, giorno dopo giorno.

F.A.Q. - Domande frequenti sulle proteine

Il fabbisogno proteico non è uguale per tutti. I riferimenti ufficiali come i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti) indicano un valore minimo di circa 0,8 g per kg di peso corporeo, ma si tratta di una soglia minima di sopravvivenza, non di ottimizzazione della funzione. In molti casi, soprattutto in condizioni specifiche (attività fisica, età avanzata, convalescenza), il fabbisogno aumenta ed è necessario che venga considerato! Quanto aumenta dipende dal caso specifico ed è sempre il Biologo Nutrizionista a stabilire l’apporto corretto, valutando lo stato fisiologico, la composizione corporea e gli obiettivi della persona.

Le proteine animali si trovano in alimenti di origine animale come carne, pesce, uova, latticini. Sono generalmente considerate a più alto valore biologico perché contengono tutti gli amminoacidi essenziali in proporzioni ottimali. Le proteine vegetali, invece, provengono da legumi, cereali, frutta secca e derivati. Possono essere meno bilanciate sul piano aminoacidico, ma ben combinate e soprattutto di qualità, possono soddisfare il fabbisogno proteico. In questo caso però bisogna prestare molta attenzione a come non sbilanciare la propria nutrizione in favore dei carboidrati. Non esiste una fonte perfetta a priori: conta la qualità della materia prima e come viene integrata nel contesto del piano nutrizionale.

Il calcolo del fabbisogno proteico dipende da diversi fattori: peso corporeo reale, percentuale di massa magra, livello di attività fisica, stato ormonale e fisiologico, e soprattutto obiettivo nutrizionale. Non si tratta di una semplice formula applicabile a tutti, ma di una valutazione che richiede competenza professionale. Un Biologo Nutrizionista è in grado di valutare il contesto complessivo della persona e di costruire un piano proteico che non si limiti al “numero di grammi”, ma tenga conto della risposta dell’organismo nel tempo.

No, fa male il contrario a meno che non ci siano patologie renali preesistenti (e in quel caso sarà il medico a stabilire le restrizioni). Questa è una delle affermazioni più diffuse, e meno corrette. L’idea che un apporto proteico “più alto del minimo” danneggi i reni non trova conferme nella letteratura scientifica attuale, perchè , un’assunzione adeguata e contestualizzata non comporta rischi, anzi: supporta massa muscolare, sistema immunitario e funzioni metaboliche. Una carenza, invece, risulta dannosa e porta in deficit per diverse funzioni.

No. Non esistono alimenti “validi per tutti in ogni situazione”. La tolleranza, la funzionalità, la risposta metabolica e anche la qualità della fonte proteica variano da persona a persona. Un alimento proteico che per qualcuno è ideale, per altri può risultare poco efficace o non adatto. È proprio per questo che un piano nutrizionale personalizzato è indispensabile: per integrare le fonti proteiche giuste, nella quantità e nella combinazione più adatte al corpo e agli obiettivi di chi le assume.

Sì, le proteine, se inserite correttamente nei pasti, insieme ad altri necessari componenti contribuiscono a modulare la risposta glicemica. Questo significa che possono aiutare a evitare picchi di glicemia e insulina, favorendo un rilascio energetico più costante e riducendo i meccanismi infiammatori. È una strategia fondamentale nei percorsi nutrizionali che mirano a ottimizzare la composizione corporea o a intervenire su condizioni metaboliche.

Non esiste un “momento perfetto” valido per tutti, ma la distribuzione delle proteine nei pasti principali (colazione, pranzo, cena) è generalmente più efficace rispetto all’assunzione concentrata in un solo momento. Questo approccio aiuta a sostenere la sintesi proteica, favorisce il mantenimento della massa muscolare e contribuisce a stabilizzare l’equilibrio glicemico. Anche in questo caso, la personalizzazione fa la differenza.

No. Le proteine variano per profilo aminoacidico, digeribilità e qualità biologica. Alcune contengono tutti gli amminoacidi essenziali in proporzioni ottimali, altre no. Alcune vengono assorbite facilmente, altre meno. Inoltre, la qualità della materia prima, il metodo di produzione e la lavorazione influenzano notevolmente la capacità del corpo di utilizzarle in modo efficace. Non si tratta solo di “grammi”, ma di funzionalità reale nell’organismo.

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